Se è vero che il lutto e la sua elaborazione accomunano nel cinema italiano contemporaneo alcuni percorsi di autori di diversa generazione, la cui pratica biografica attraversa, in modo più o meno evidente, la loro filmografia, talvolta in forma diaristica, ricorrendo ad alcuni alter ego, protagonisti ai quali avvicinarsi e al contempo distanziarsi, il saggio qui si sofferma in particolare su tre di questi cineasti, Nanni Moretti, Marco Bellocchio e Paolo Sorrentino. A partire, nel caso di Moretti (classe 1953), da Mia madre (2015), sulla perdita materna affrontata dal regista dopo quelle indagini generazionali, politiche, intime e familiari che ne hanno già attraversato gran parte della sua filmografia: da Ecce bombo a Sogni d’oro, da Bianca a Caro Diario, da Aprile a La stanza del figlio. Per poi passare a Marx può aspettare (2021) con cui il secondo autore prescelto in questo excursus, Bellocchio (classe 1939), affronta il tema del suicidio fraterno, del gemello Camillo, dopo aver già altrove, nell’arco della sua lunga attività cinematografica, osservato, alluso a quell’atto volontario ed estremo di togliersi la vita, in pellicola come I pugni in tasca, Il gabbiano o Fate bei sogni, accanto ad altre in cui indaga all’interno della sua numerosa famiglia, quali Sorelle e Sorelle mai. Arrivando, infine, al terzo cineasta, Sorrentino (classe 1970) che, solo nel caso di È stata la mano di Dio (2021), realizza un exploit biografico esplicito e diretto, rispetto a un autobiografismo le cui tracce sono disseminate in altri film riflesso delle sue passioni musicali e cinéphiles, come This Must Be the Place e La grande bellezza, oltreché calcistiche, come nella pellicola in esame, all’interno della quale l’arrivo di Diego Armando Maradona al Napoli Calcio negli anni ’80 s’intreccia con quel suo destino salvifico che lo sottrae dallo stesso tragico esito fatale dei suoi genitori
Lutto e biografia nel cinema d’autore italiano contemporaneo, in Biografico
Carpiceci S
2022-01-01
Abstract
Se è vero che il lutto e la sua elaborazione accomunano nel cinema italiano contemporaneo alcuni percorsi di autori di diversa generazione, la cui pratica biografica attraversa, in modo più o meno evidente, la loro filmografia, talvolta in forma diaristica, ricorrendo ad alcuni alter ego, protagonisti ai quali avvicinarsi e al contempo distanziarsi, il saggio qui si sofferma in particolare su tre di questi cineasti, Nanni Moretti, Marco Bellocchio e Paolo Sorrentino. A partire, nel caso di Moretti (classe 1953), da Mia madre (2015), sulla perdita materna affrontata dal regista dopo quelle indagini generazionali, politiche, intime e familiari che ne hanno già attraversato gran parte della sua filmografia: da Ecce bombo a Sogni d’oro, da Bianca a Caro Diario, da Aprile a La stanza del figlio. Per poi passare a Marx può aspettare (2021) con cui il secondo autore prescelto in questo excursus, Bellocchio (classe 1939), affronta il tema del suicidio fraterno, del gemello Camillo, dopo aver già altrove, nell’arco della sua lunga attività cinematografica, osservato, alluso a quell’atto volontario ed estremo di togliersi la vita, in pellicola come I pugni in tasca, Il gabbiano o Fate bei sogni, accanto ad altre in cui indaga all’interno della sua numerosa famiglia, quali Sorelle e Sorelle mai. Arrivando, infine, al terzo cineasta, Sorrentino (classe 1970) che, solo nel caso di È stata la mano di Dio (2021), realizza un exploit biografico esplicito e diretto, rispetto a un autobiografismo le cui tracce sono disseminate in altri film riflesso delle sue passioni musicali e cinéphiles, come This Must Be the Place e La grande bellezza, oltreché calcistiche, come nella pellicola in esame, all’interno della quale l’arrivo di Diego Armando Maradona al Napoli Calcio negli anni ’80 s’intreccia con quel suo destino salvifico che lo sottrae dallo stesso tragico esito fatale dei suoi genitoriFile | Dimensione | Formato | |
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