L’articolo analizza il rapporto tra lingua, identità e rappresentazione delle soggettività trans* e non binarie, concentrandosi in particolare sull’uso dei pronomi personali in inglese e italiano alla luce delle teorie queer e degli studi transgender. Dopo aver ricostruito la nascita del pensiero queer negli anni Novanta, con riferimento a figure chiave come Sedgwick, Butler e de Lauretis, il contributo mette in evidenza il ruolo centrale del linguaggio nella costituzione del soggetto e nella possibilità di riconoscimento sociale, soffermandosi sul concetto di performatività di genere e di interpellazione. La seconda parte ripercorre lo sviluppo dei transgender studies nel mondo anglofono, da Sandy Stone a Halberstam, Preciado e Stryker, sottolineando l’importanza dell’autonarrazione, della storicizzazione e della lotta contro il misgendering. L’analisi comparativa mostra come l’inglese abbia sviluppato pratiche linguistiche più inclusive, in particolare attraverso l’uso dei pronomi non binari, mentre l’italiano, fortemente genderizzato, sia oggi al centro di un dibattito su strategie di neutralizzazione e “queerizzazione” della lingua, come l’uso dello schwa e di altri segni grafici. L’articolo conclude sostenendo la necessità di un uso critico, consapevole e inclusivo della lingua italiana, capace di rispondere alle richieste di riconoscimento e autodeterminazione delle soggettività contemporanee.
“Lingua, identità e rappresentazioni: il caso dell’uso dei pronomi personali in inglese e italiano per persone trans* e non binarie”
S. Antosa
2025-01-01
Abstract
L’articolo analizza il rapporto tra lingua, identità e rappresentazione delle soggettività trans* e non binarie, concentrandosi in particolare sull’uso dei pronomi personali in inglese e italiano alla luce delle teorie queer e degli studi transgender. Dopo aver ricostruito la nascita del pensiero queer negli anni Novanta, con riferimento a figure chiave come Sedgwick, Butler e de Lauretis, il contributo mette in evidenza il ruolo centrale del linguaggio nella costituzione del soggetto e nella possibilità di riconoscimento sociale, soffermandosi sul concetto di performatività di genere e di interpellazione. La seconda parte ripercorre lo sviluppo dei transgender studies nel mondo anglofono, da Sandy Stone a Halberstam, Preciado e Stryker, sottolineando l’importanza dell’autonarrazione, della storicizzazione e della lotta contro il misgendering. L’analisi comparativa mostra come l’inglese abbia sviluppato pratiche linguistiche più inclusive, in particolare attraverso l’uso dei pronomi non binari, mentre l’italiano, fortemente genderizzato, sia oggi al centro di un dibattito su strategie di neutralizzazione e “queerizzazione” della lingua, come l’uso dello schwa e di altri segni grafici. L’articolo conclude sostenendo la necessità di un uso critico, consapevole e inclusivo della lingua italiana, capace di rispondere alle richieste di riconoscimento e autodeterminazione delle soggettività contemporanee.| File | Dimensione | Formato | |
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