Il volume è incentrato sull’analisi delle risorse espressive e delle pratiche dialogiche che si riscontrano entro alcuni Istituti penitenziari italiani. Sono state in primo luogo passate in rassegna le specificità che si constano sul piano comunicativo tra realtà disgiunte, la popolazione ristretta e il personale penitenziario, per soffermarsi successivamente sull’impiego di sottocodici propri del contesto di riferimento. Dopo aver chiarito il contesto di ricerca, aver approfondito gli studi sulla letteratura e aver analizzato le buone pratiche nel campo della ricerca linguistica, sociolinguistica, etnografica e didattica in carcere, sono state formulate alcune considerazioni che hanno portato a porre domande di ricerca: Esiste un gergo carcerario? Se sì, in che modo influenza le interazioni e trova spazio all'interno delle mura carcerarie, e come si riflette sugli usi, le ideologie, gli atteggiamenti e le credenze di chi ne fa uso? Come entrano in contatto i detenuti stranieri con questo gergo? Potrebbe questo gergo rappresentare un primo approccio alla lingua italiana per molti detenuti stranieri? Di particolare interesse è stato indagare l’esistenza di un we-code carcerario, da intendersi, ricorrendo alla definizione di Ferrero, come “metalinguaggio” diffuso, “sufficientemente omogeneo” in cui il parlante si riconosce «trovandovi una decisiva identificazione» (cfr. Ferrero 1972: 10), e il quale, in una qualche misura, esuli dal più esteso “gergo della malavita”. Oltre a questo, si è rivelato molto proficuo comprendere e analizzare l’iconografia delle espressioni linguistiche e artistiche presenti sulle pareti degli Istituti (graffiti e murale). Il contesto carcerario si configura come un universo multiforme la cui complessità, anche linguistica, è ascrivibile sia a pressioni esogene sia a caratteristiche endogene. In questa ricerca si è dunque raccolto e analizzato il gergo carcerario, principale oggetto di interazione, e i graffiti o segni di diversa natura presenti all'interno delle mura carcerarie: mezzi per veicolare messaggi di ogni tipo, e che sono identificabili come una moltitudine di codici espressivi con cui ogni detenuto straniero entra in contatto. Il contesto carcerario, caratterizzato da plurilinguismo (Benucci, Grosso 20015), multiculturalismo e definito come spazio di contatto linguistico-culturale e di superdiversità (Vertovec 2007; Barni, Vedovelli 2011), ospita un linguaggio gergale che si riflette su costumi, ideologie, atteggiamenti e credenze di chi lo utilizza intrecciandosi con codici espressivi differenti. Data la necessità di aggiungere un ulteriore tassello all’analisi dei codici verbali e non verbali e delle variabili insiti nel contesto preso in esame, si è scelto di condurre un’indagine sottoponendo detenuti, operatori penitenziari e docenti alla compilazione di un questionario e di una intervista strutturati in due sessioni: la prima, atta ad indagare la biografia anagrafica e linguistica degli intervistati; la seconda, tesa ad approfondire la questione inerente gli scambi comunicativi, il ricorso agli usi gergali e il panorama linguistico e culturale visivo. Relativamente all’uso dei sottocodici, si è ritenuto opportuno sottoporre gli informanti al riconoscimento di alcune voci definite ‘gergali’, raccolte in un corpus per mano della redazione di “Ristretti Orizzonti”, estendendo la comparazione attingendo da altri documenti con l’intento di sistematizzare il materiale raccolto congiuntamente a quello già a disposizione. La finalità è stata quella di sondare eventuali corrispondenze tra le espressioni riscontrate nei documenti a disposizione e gli usi linguistici dei detenuti attualmente presenti in carcere. Il carcere si configura come uno spazio dalla conformazione linguistica e identitaria estremamente diversificata e complessa, che presenta al suo interno diverse comunità e una vastissima varietà di repertori. Questo ci porta a considerarlo uno dei contesti di superdiversità linguistica e culturale del panorama italiano ed europeo, in cui la convivenza ha un carattere coercitivo e in cui le differenze sono esasperate e si sovrappongono ai problemi del contesto. C'è quindi bisogno di una maggiore attenzione e sensibilizzazione alle tematiche interculturali e plurilinguistiche da parte di tutti coloro che lavorano e risiedono nel carcere e di chi si occupa di promuovere la didattica dell’italiano come L2.

Linguaggi in carcere. Panorami linguistici e culturali nell’ambito penitenziario

Viola Monaci
2024-01-01

Abstract

Il volume è incentrato sull’analisi delle risorse espressive e delle pratiche dialogiche che si riscontrano entro alcuni Istituti penitenziari italiani. Sono state in primo luogo passate in rassegna le specificità che si constano sul piano comunicativo tra realtà disgiunte, la popolazione ristretta e il personale penitenziario, per soffermarsi successivamente sull’impiego di sottocodici propri del contesto di riferimento. Dopo aver chiarito il contesto di ricerca, aver approfondito gli studi sulla letteratura e aver analizzato le buone pratiche nel campo della ricerca linguistica, sociolinguistica, etnografica e didattica in carcere, sono state formulate alcune considerazioni che hanno portato a porre domande di ricerca: Esiste un gergo carcerario? Se sì, in che modo influenza le interazioni e trova spazio all'interno delle mura carcerarie, e come si riflette sugli usi, le ideologie, gli atteggiamenti e le credenze di chi ne fa uso? Come entrano in contatto i detenuti stranieri con questo gergo? Potrebbe questo gergo rappresentare un primo approccio alla lingua italiana per molti detenuti stranieri? Di particolare interesse è stato indagare l’esistenza di un we-code carcerario, da intendersi, ricorrendo alla definizione di Ferrero, come “metalinguaggio” diffuso, “sufficientemente omogeneo” in cui il parlante si riconosce «trovandovi una decisiva identificazione» (cfr. Ferrero 1972: 10), e il quale, in una qualche misura, esuli dal più esteso “gergo della malavita”. Oltre a questo, si è rivelato molto proficuo comprendere e analizzare l’iconografia delle espressioni linguistiche e artistiche presenti sulle pareti degli Istituti (graffiti e murale). Il contesto carcerario si configura come un universo multiforme la cui complessità, anche linguistica, è ascrivibile sia a pressioni esogene sia a caratteristiche endogene. In questa ricerca si è dunque raccolto e analizzato il gergo carcerario, principale oggetto di interazione, e i graffiti o segni di diversa natura presenti all'interno delle mura carcerarie: mezzi per veicolare messaggi di ogni tipo, e che sono identificabili come una moltitudine di codici espressivi con cui ogni detenuto straniero entra in contatto. Il contesto carcerario, caratterizzato da plurilinguismo (Benucci, Grosso 20015), multiculturalismo e definito come spazio di contatto linguistico-culturale e di superdiversità (Vertovec 2007; Barni, Vedovelli 2011), ospita un linguaggio gergale che si riflette su costumi, ideologie, atteggiamenti e credenze di chi lo utilizza intrecciandosi con codici espressivi differenti. Data la necessità di aggiungere un ulteriore tassello all’analisi dei codici verbali e non verbali e delle variabili insiti nel contesto preso in esame, si è scelto di condurre un’indagine sottoponendo detenuti, operatori penitenziari e docenti alla compilazione di un questionario e di una intervista strutturati in due sessioni: la prima, atta ad indagare la biografia anagrafica e linguistica degli intervistati; la seconda, tesa ad approfondire la questione inerente gli scambi comunicativi, il ricorso agli usi gergali e il panorama linguistico e culturale visivo. Relativamente all’uso dei sottocodici, si è ritenuto opportuno sottoporre gli informanti al riconoscimento di alcune voci definite ‘gergali’, raccolte in un corpus per mano della redazione di “Ristretti Orizzonti”, estendendo la comparazione attingendo da altri documenti con l’intento di sistematizzare il materiale raccolto congiuntamente a quello già a disposizione. La finalità è stata quella di sondare eventuali corrispondenze tra le espressioni riscontrate nei documenti a disposizione e gli usi linguistici dei detenuti attualmente presenti in carcere. Il carcere si configura come uno spazio dalla conformazione linguistica e identitaria estremamente diversificata e complessa, che presenta al suo interno diverse comunità e una vastissima varietà di repertori. Questo ci porta a considerarlo uno dei contesti di superdiversità linguistica e culturale del panorama italiano ed europeo, in cui la convivenza ha un carattere coercitivo e in cui le differenze sono esasperate e si sovrappongono ai problemi del contesto. C'è quindi bisogno di una maggiore attenzione e sensibilizzazione alle tematiche interculturali e plurilinguistiche da parte di tutti coloro che lavorano e risiedono nel carcere e di chi si occupa di promuovere la didattica dell’italiano come L2.
2024
979-12-5486-465-4
Linguistica educativa, Didattica dell'italiano L2, Plurilinguismo, Pluriculturalismo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14091/17181
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