Lo studio indaga il rapporto di Beatrice Monti della Corte con gli spazi della sua galleria milanese, la Galleria dell’Ariete, dalla metà degli anni cinquanta del Novecento alla prima metà degli anni settanta. Attraverso uno studio incrociato di fonti fotografiche, materiali d’archivio e testimonianze orali si ricostruisce il fecondo confronto della mercante con gli architetti e gli artisti coinvolti nella sua attività e le ricadute delle loro influenze sulle sue strategie espositive. Ne emerge l’intrinseca relazione tra una selezione di progetti di mostra ospitati dalla Galleria dell’Ariete e le fonti luminose, naturali e artificiali, della sua architettura riscritta dagli interventi degli artisti, in particolare grazie al contributo di Lucio Fontana. Obiettivo dell’indagine è infatti quello di dimostrare come, in anni di vertiginosa sperimentazione e ridefinizione dei caratteri dell’opera d’arte, la riflessione spaziale di alcune ricerche formali più sperimentali abbia progressivamente determinato un ripensamento del loro stesso contenitore espositivo, quale spazio mutevole e provvisorio destinato a una fruizione pubblica e di mercato che durante gli anni sessanta recepisce dunque con immediatezza le nuove esigenze di lettura dell’opera.
Spazi figurati per la non figurazione. Beatrice Monti della Corte e le pareti della Galleria dell’Ariete
C. Toschi
2024-01-01
Abstract
Lo studio indaga il rapporto di Beatrice Monti della Corte con gli spazi della sua galleria milanese, la Galleria dell’Ariete, dalla metà degli anni cinquanta del Novecento alla prima metà degli anni settanta. Attraverso uno studio incrociato di fonti fotografiche, materiali d’archivio e testimonianze orali si ricostruisce il fecondo confronto della mercante con gli architetti e gli artisti coinvolti nella sua attività e le ricadute delle loro influenze sulle sue strategie espositive. Ne emerge l’intrinseca relazione tra una selezione di progetti di mostra ospitati dalla Galleria dell’Ariete e le fonti luminose, naturali e artificiali, della sua architettura riscritta dagli interventi degli artisti, in particolare grazie al contributo di Lucio Fontana. Obiettivo dell’indagine è infatti quello di dimostrare come, in anni di vertiginosa sperimentazione e ridefinizione dei caratteri dell’opera d’arte, la riflessione spaziale di alcune ricerche formali più sperimentali abbia progressivamente determinato un ripensamento del loro stesso contenitore espositivo, quale spazio mutevole e provvisorio destinato a una fruizione pubblica e di mercato che durante gli anni sessanta recepisce dunque con immediatezza le nuove esigenze di lettura dell’opera.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
TOSCHI_SPAZI ASTRATTI_DEF.pdf
non disponibili
Licenza:
NON PUBBLICO - Accesso privato/ristretto
Dimensione
252.1 kB
Formato
Adobe PDF
|
252.1 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.